mercoledì 16 settembre 2015

Il cristallo di Chantal: come tutto ebbe inizio


Eccomi qua con un nuovo capitolo. Da qui inizia la storia vera e propria. 

Spero vi piaccia!

Ad ottobre un freddo simile era del tutto inusuale.

La neve scendeva lenta imbiancando la pianura.

I piccoli fiocchi sembravano dilettarsi in un'elegante danza nell'aria. A passo veloce si dirigeva verso casa, attraversando un piccolo sentiero al limitare del bosco.

Annika, tredicenne dai capelli lisci e neri come il cielo di notte, corporatura esile e grandi occhi di un azzurro intenso.

Nel silenzio della sera risuonava lo scalpiccio dei suoi piedi sul manto bianco.

 
Giunta davanti alla porta di casa bussò con tutta la sua forza - Sono tornata - Esclamò a gran voce.

Ad aprire fu la signora Livia la madre adottiva, donna sulla quarantina, sguardo deciso, severo e mani sui fianchi.

- Buona sera.- Disse seria.

-Buona sera a te.- Rispose la ragazzina con un leggero inchino.

Entrò e il calore del caminetto acceso le riscaldò la faccia e le mani gelate.


Ad accoglierla non fu un delizioso odore del cibo sul fuoco come di solito si sente nelle case a quell'ora. L'unico odore era quello della legna bruciata.

Si tolse lo zaino dopo di che andò a sedersi al tavolo della cucina.

-Che si mangia per cena? Chiese muovendo le gambe avanti e indietro.
La matrigna non rispose, le sbatté davanti un bicchiere d'acqua e un tozzo di pane duro.

Annika guardò il piatto delusa e sconsolata -E basta?-

-Ti avevo detto di rientrare per le diciotto e trenta o sbaglio signorina? Sai a chi toccava cucinare oggi. Noi abbiamo mangiato e tu se accetti ciò che hai davanti bene, altrimenti a letto senza cena. Il rientro a scuola era fino alle diciotto e sono le venti dannazione cosa hai fatto tutto questo tempo?-

-Sono stata un pò con Mike. C'è la neve la fuori, avevo voglia di giocare.-
Spiegò con un sussurro Annika mentre cercava di trattenere le lacrime.

-Oggi ti avevo detto di rientrare subito a casa. Avresti dovuto preparare la cena e lavare i piatti.-

La ragazzina sbuffò -Sempre la solita storia. Io me ne vado.- Tagliò corto, si alzò e si diresse in camera sua senza toccare cibo.

Era una stanza quasi priva di arredamento. In mezzo si trovava un letto e accanto ad esso un comodino in legno con una vecchia lampada sopra. Appena entrata sentì come degli occhi addosso che la scrutavano nella penombra, poi vide un movimento sotto il suo letto.

-Brunilde sei tu?- Una gatta adulta dal pelo corto e pezzato nero e grigio uscì allo scoperto.

-Brunilde, quante volte ti ho detto di non entrare in casa quando non ci sono?
Livia ci sgriderà e ti caccerà.-

L'animale la guardò piegando un po la testa da un lato con un leggero miagolio.
Annika si voltò e notò che la finestra era aperta.

-È colpa mia, avrei dovuto chiudere i battenti. Vieni qui.-
Chiuse la porta a chiave e sedette sul letto con le gambe conserte e la gatta tra le braccia.

-Sai Brunilde?- Disse d'un tratto. -Ieri notte ho fatto un sogno. Stavo fuggendo, da la.- La ragazzina indicò la piccola finestra che dava sul prato. -Aprivo le braccia e saltavo giù. Ma non cadevo, volavo! Volavo come un uccello che solca il grande cielo. Oh Brunilde sarebbe così bello! Fuggire lontano da questo maledetto posto.

Chinò la testa sul corpo della gatta e una lacrima le attraversò una guancia.

-Domani è halloween.- Proseguì -Secondo alcune credenze durante questa notte le porte dei vari mondi si assottigliano e possiamo raggiungerli con facilità. Se fosse reale vorrei andare nel luogo più magico, trovare una famiglia che mi rispetti e che si prenda cura di me.-
 
Brunilde le lambì una guancia portando via una nuova lacrima che dall'occhio correva giù.
 
La sveglia suonò alle sette e mezza, ma Annika non voleva alzarsi dal letto.

Era domenica e non doveva andare a scuola ma la matrigna la obbligava ad alzarsi presto per compiere i suoi doveri casalinghi quotidiani.
 

Oggi toccava alla terrazza e il salotto ad essere puliti, in oltre doveva lavare i panni e la stanza sua e dei fratelli.

Si diresse sulla terrazza per fare colazione, la matrigna era già uscita per la passeggiata che era solita fare la domenica mattina, era partita con l'auto per arrivare fino al centro città e curiosare nei negozi mentre lei era costretta in casa a pulire.

Si preparò la colazione a base di latte e qualche biscotto dopo di che guardò sconsolata il disordine di quella terrazza.
Il tavolo in plastica bianca era colmo di tazze piatti e briciole. Nessuno aveva messo a lavare ciò che aveva utilizzato.
 

In un canto, il cumulo della legna da bruciare nel camino era crollato spargendosi su tutto il pavimento.

Era dall'inizio dell'autunno, quando era andata a far legna nel bosco che aveva creato quella catasta di rami ben ordinata. Era impossibile che fosse crollata da sola.
 

Sicuramente ti trattava di qualche dispetto da parte dei fratellastri.
Iniziò dal tavolo ma quando si apprestò a pulirlo dalle briciole un grande insetto si posò su di esso.
 

Annika lo guardò disgustata. -Che schifo!-

Ad un tratto udì delle voci familiari provenire da non molto lontano da lei.
Erano voci allegre da ragazzini.

-Oh no sono loro.- Si disse scocciata. Si voltò e li vide.

I bulletti del paese, la banda dei suoi due fratellastri. Li osservò da lontano e notò ciò che tenevano tra le mani.
Dei palloncini colorati, dovevano essere stati riempiti di acqua e schiuma.
 

La ragazzina si nascose dietro una colonna della terrazza.
Si avvicinavano sempre di più finché Annika poté udire ciò che dicevano le loro voci.

-Oggi ci divertiremo, vedrete come se la darà a gambe piangendo la mocciosa.- Esclamò esaltato uno dei ragazzi passandosi un palloncino pieno d'acqua da una mano a l'altra. Fu seguito dalle risate entusiaste degli altri.

Una cosa simile in estate avrebbe anche potuto accettarla ma in un autunno dal clima così rigido diventa una cosa abbastanza discutibile.
 

Nonostante tutto decise che il divertimento questa volta non sarebbe stato soltanto loro. Quante volte era fuggita in lacrime dalle grinfie dei bulli per nascondersi in camera sua.

Troppe, così tante da diventare il gioco preferito di tutti i ragazzini del paese.

-No. Niente pianti- Si disse decisa. -Non questa volta.-
Rientrò furtivamente in casa e frugò in un cassetto dove ricordava di aver visto la scorta dei palloncini dei fratelli.

Si diresse in cucina e li riempi uno ad uno sotto l'acqua corrente dopo di che si affacciò alla finestra e vide che il figlio dei vicini era fuori a giocare.

-Hey Mike.- Disse piano cercando di non farsi sentire dai ragazzi.
 

-Che c'è Annika?- Esclamò il bambino.

La ragazzina gli fece cenno di far piano e gli mostrò un palloncino pieno d'acqua e schiuma.

-Oggi facciamo guerra bagnata.- Sussurrò.
Gli occhi del bambino parvero illuminarsi. Annika si recò fuori saltellando.
 

Era felice ed eccitata. In poche parole non vedeva l'ora di farla pagare a quei bulletti e si immaginava già le facce sorprese degli altri nel vederla armata.
 

Si divisero i palloncini in due cestini da pic - nic, dopo di che corsero dietro due alberi vicini per nascondersi.

-Mike loro non sanno che siamo armati. Li coglieremo di sorpresa. Al tre saltiamo fuori.- Sussurrò la ragazzina.
 

-Va bene! Disse deciso l'amico rimboccandosi le maniche.
 

-Uno. Due. Tre!- Ad Annika piaceva quell'insieme di paura ed eccitazione che precedevano la lotta. La sua prima battaglia.-

I bambini iniziarono a correre a perdifiato urlando verso i bulli che stavano dando loro la caccia.

Mike inciampò ad un sasso e cadde strappandosi i pantaloni e ferendosi un pochino un ginocchio, la ragazzina lo aiutò a rimettersi in piedi e la guerra ebbe inizio.

Decine di palloncini pieni d'acqua e schiuma iniziarono a volare da una parte all'altra scoppiando alcuni a terra altri sugli indumenti puliti dei ragazzini.

Fu una lotta senza esclusione di colpi.
Si rincorrevano, urlavano e fuggivano in ogni dove. Non facevano caso agli adulti che imprecavano quando andavano a urtare contro qualcuno o qualcosa.

Ad un tratto Annika colpì il fratello dritto in faccia, lui si voltò di scatto e con un palloncino la colpì allo stomaco con forza.

La ragazzina scivolò cadendo a sedere nel fango che aveva creato la neve sciogliendosi lentamente imbrattandosi il vestito da cima a fondo.

-Ho vinto mocciosa!- La schernì lui. Annika si tirò velocemente su incurante.
-Non credere che mi arrenda così facilmente fratellino!- La ragazzina assunse un'aria decisa.

Le mani sui fianchi e la testa alta. Un altro palloncino la colpì da dietro.

Si arrampicarono con agilità su per il tronco. Mike però ad un tratto si fermò mentre la ragazzina era già seduta con le gambe penzolanti su un ramo resistente.
 

-Ehi Annika! Forse è meglio farla finita. Se ti vede Livia ti punisce per settimane.- Ma Annika era galvanizzata.

-Non mi importa di ciò che mi dirà. Siamo nel mezzo di una battaglia e da bravi guerrieri non possiamo arrenderci proprio adesso. Se hai paura puoi anche andartene Mike. Io continuerò a lottare fino alla fine.

-Io non ho paura.- Fece il ragazzino e continuò ad arrampicarsi raggiungendola. -Lo dico per te.
Era un albero abbastanza alto, da lassù potevano tenere il controllo della situazione.

-Chiamami maestro da ora in poi.- Fece lei.

-Perchè una volta tanto non posso fare io il capo?- Chiese Mike sconsolato.

Annika ebbe la risposta pronta. -Capita raramente di giocare e io sono più grande di te ricordalo. Quindi il ruolo da capo spetta a me. E tu devi fare come ti dico io.-

-Mah...- Il ragazzino non ebbe il tempo di controbattere.

Fu interrotto dalle grida dei grandi. -Non vale!- disse uno. -Adesso vi faccio scendere io di li. Non vale arrampicarsi su gli alberi - disse un altro lanciando un palloncino che sfiorò la testa di lei.

-E chi te lo dice?- Disse Annika divertita. -Ci sono forse delle regole? Questa è una vendetta!-

La ragazzina farfugliò qualcosa nell'orecchio di Mike. Il due presero i cestini da pic - nic e versarono tutti i palloncini addosso ai bulli che fuggirono in ogni dove.

Scesero dall'albero, ma la ragazzina non ebbe il tempo di esultare. Si voltò e vide un'automobile rossa fiammante avvicinarsi alla casa.

La riconobbe - Oh no.- Sussurrò preoccupata - È lei-.
-Te l'avevo detto Annika. Non mi ascolti mai.-.
-Dobbiamo fuggire Mike. Tutti e due nel retro dalla casa.- Disse piano.

Iniziarono a correre ma ad un tratto lui mise male un piede e cadde di nuovo a terra.

 
La ragazzina si fermò per aiutarlo. -È possibile Mike? Devi sempre cadere!-

Lo rimproverò. La donna scese dall'auto e sbatté la portiera. Si diresse senza una parola e con moto di rabbia verso la ragazzina, la afferrò per una ciocca di capelli e la costrinse a muoversi verso la porta di casa.

-Esigo una spiegazione signorina. Cosa stavi facendo con quelli scalmanati?
 

-Quante volte ti ho detto di non immischiarti nei giochi dei grandi?-

-Loro mi stavano dando la caccia.- La ragazzina assunse un'aria innocente, le mani dietro la schiena. Facevamo, guerra bagnata.-

-Ti stavano dando la caccia? Quando la smetterai di raccontare balle. E guarda quel vestito. Tutto sporco di fango.

-Ma è vero. Fece la ragazzina con tono sconsolato.-

-Niente ma. Vai a cambiarti e fai subito il bucato maledizione.- Imprecò la matrigna indicando l'interno dell'abitazione.

Annika andò a sostituire il vestito sporco con abiti puliti. Per una settimana le fu proibito di uscire anche solo sulla terrazza, l'unica cosa che avrebbe potuto fare fuori di casa sarebbe stata andare a scuola ma Annika quella notte non chiuse le tende della piccola finestra.

Sdraiata sul letto che cigolava a ogni suo movimento osservava la colline immerse nell'oscurità e la luna ridotta ad una piccola falce.
Desiderava uscire anche solo a pensare e fantasticare nell'oscurità. La matrigna e i fratellastri erano immersi nel sonno più profondo e la ragazzina si sentiva sola, una solitudine che le piaceva.

Per Annika la notte significava libertá.

Ad un tratto udì un rumore e la vide, Brunilde era salita sul davanzale in attesa di entrare ma questa volta fu Annika ad uscire.

Indossò le pantofole, si tolse il pigiama sostituendolo con un paio di pantaloni, una semplice maglietta, imboccò la porta dell'ingresso e si stiracchiò.
“Finalmente libera.” Pensò.

Si diresse verso la finestra di camera sua e prese la gatta tra le braccia.
- Vieni piccola una passeggiata notturna ci attende.-

Attraversarono il prato difronte alla casa, un lieve venticello muoveva l'erba scurita dal buio della notte poi giunsero su un sentiero sterrato al limitare del bosco.

Annika ne era attratta però aveva paura di imboscarsi di notte. "Chi sa quali creature si aggirano al suo interno?" Si chiedeva, ma allo stesso tempo ne era affascinata. Quindi decise di addentrarsi ma solo per un po.

Entrarono nel bosco, la luna e le stelle erano nascoste dalle chiome dei grandi alberi e intorno a loro regnava la più completa oscurità.

I versi di animali notturni un po la inquietavano, ma le piaceva ascoltarli e un pensiero si insinuò nella sua mente. Una cosa che aveva sempre desiderato era arrampicarsi su un albero. 


Lo aveva fatto qualche volta fuori dallo sguardo della matrigna ma il suo desiderio era farlo di notte per ammirare le stelle e sentirsi a loro un po' più vicina.

La scalata ebbe inizio sull'albero più alto. La gatta saltò giù dalle sue braccia e anche lei iniziò ad arrampicarsi saltando agilmente da un ramo ad un altro.

Giunte in cima sedettero su un ramo grande e resistente e Annika poggiò la schiena al tronco.

Le stelle erano ben visibili, nonostante la stagione era una notte bellissima e lei si sentiva appacificata.

Ad un tratto qualcosa di luminoso nel cielo si mosse. La ragazzina escluse che si trattasse di un aereo perché si muoveva troppo velocemente. Allora di cosa si trattava?

-Una stella cadente!- Esclamò felice. -Avanti Brunilde esprimiamo un desiderio.-

Annika unì i palmi delle mani. "Fuggire, volare lontano". Rimase un po ad osservarla e con grande stupore ben presto si accorse che era sempre più vicina alla terra.

-Com'è possibile? Si chiese. Comprese di essersi sbagliata. Se non è una stella allora che cos'è?- Disse un po meravigliata e un po' impaurita mentre quella cosa si avvicinava, scendeva e scendeva. “Un piccolo meteorite?”

Annika era confusa e lo fissò finché lo vide raggiungerla e fermarsi dinanzi a lei.
 

Era una piccola luce blu.

La ragazzina rimase incantata dalla sua strana bellezza. Brunilde che inizialmente pareva spaventata si fece coraggio e allungò una zampa per toccarla ma la luce si scostò.

-Non spaventarla.- Sussurrò la ragazzina alla gatta.

-Cosa sei?- Annika la osservò più attentamente e con grande meraviglia all'interno vide una piccola ragazza dai lunghi capelli che tendeva una mano verso di lei e avvertì una strana attrazione come se dovesse fare lo stesso.

Così fece, allungò un braccio e la sfiorò con la mano che le tremava. 


Non seppe bene ciò che provò, un insieme di emozioni fra lo strano e il meraviglioso che durarono per qualche attimo, troppo poco per esprimerle.

8 commenti:

  1. Mi piace come scrivi, Chiara. Un bellissimo stile!
    Voglio ringraziarti per gli auguri che mi hai lasciato nel blog.
    Li ho molto graditi.
    Ciao.
    Marilicia.

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    1. Grazie mille Marilicia!

      Anche i tuoi complimenti sono molto graditi!

      A presto!

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  2. Bellissima l'immagine in home page. Ora sono di corsa ma nei prossimi giorni torno a leggere <3

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    1. Grazie! Quando puoi fammi sapere se ti è piaciuto. :)

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  3. Mi ha preso molto, bello!! Bella anche l'immagine, rende parecchio :D quando ci vediamo mi dovrai spiegare meglio il racconto ;)

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    1. Grazie mille Ire! Va bene, ti spiegherò tutto!

      Baci :*

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  4. Il racconto è molto carino! Ho solo due appunti da farti: 1) secondo me dovresti soffermarti di più sulle descrizioni...in alcuni punti accade tutto troppo velocemente...e le caratteristiche dei personaggi sono troppo sbrigative; 2) "Nonostante" tutto attaccato! ;)

    Comunque lo trovo interessante, sono curiosa di come si evolverà la storia :)
    Buona fortuna con il tuo libro! :*

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    1. Grazie mille! Sono contenta che ti piaccia. Lo so, a volte sembra anche a me troppo "veloce".

      Uh! Giusto. Rimedio subito correggendo l'errore.

      Grazie ancora!

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